“Costruiamo la Pace”

Relazione di Mons. Carlo Azzimonti 
In occasione della Mostra ROBERT CAPA. L’OPERA 1932-1954
3 ottobre 2024


Dalla proposta pastorale dell’arcivescovo Delpini 2024-25

Basta. L’amore che salva e il male insopportabile

Basta con la guerra
La guerra è un dramma tremendo, un disastroso errore politico, una assurdità per la coscienza e il pensiero delle persone sensate. Eppure, a quanto pare, l’intollerabile è tollerato. Noi figli e figlie di Dio, discepoli di Gesù e tutti gli uomini e le donne di buona volontà e di buon senso dobbiamo essere uniti nel gridare: basta con la guerra! Basta!

Basta con le atrocità che si commettono in tante parti della terra!
Basta con le ferite inguaribili che segnano la vita di persone e di popoli!
Basta con il risentimento e l’odio che si radicano nell’animo delle persone!
Basta con lo sperpero scandaloso di immense risorse per distruggere!
Basta con l’angoscia per il futuro!
Basta con l’incapacità di intravedere vie d’uscita, possibilità di tregue e di pace.
Ci sembra di essere inascoltati da politici impotenti e forse inclini piuttosto a incrementare gli armamenti che a costruire la pace.

Perciò invito tutte le comunità a vivere con particolare impegno quel servizio che è più coerente con la nostra missione e promettente, cioè l’educazione alla pace.

L’educazione alla pace deve piuttosto incidere nel proporre una visione del mondo, della storia, delle persone che ispiri l’opera di riconciliazione tra i popoli, che offra motivazioni convincenti per edificare la coscienza e le opere della fraternità.

È quindi doveroso che le nostre comunità, le istituzioni culturali, gli uffici di Curia, le scuole, le università, secondo le loro specifiche competenze, operino per convergere in una educazione alla pace e nella cura per una cultura di pace.

Mi limito a indicare alcune attenzioni irrinunciabili.

La proposta di momenti di preghiera, di ascolto delle parole della Scrittura interpretate secondo la rivelazione cristiana è un passo decisivo. Nella nostra tradizione (penso ad alcune pagine delle Scritture, ma anche ad alcuni episodi del cristianesimo), così come in altre tradizioni religiose e come in realtà in tutta la storia dell’umanità, si racconta di tante guerre e si presentano tante motivazioni persino teologiche per fare la guerra. La rivelazione si è, però, compiuta in Gesù, principe della pace, agnello per la nuova alleanza. E tutte le Scritture, come pure tutta la storia, devono essere interpretate secondo il compimento nel Verbo di Dio fatto carne, centro e vertice di tutte le parole raccolte nelle Scritture.

Dobbiamo incoraggiare, per quanto possiamo, coloro che sono impegnati nella ricerca e nello studio, nell’insegnamento e nella pubblicazione perché si diffonda non solo un sentimento di pace, ma una cultura di pace, in ambito filosofico, storico, giuridico, economico. Con la guerra tutto è perduto!

[La comunicazione, con qualsiasi mezzo disponibile, può dare un contributo a contrastare quel modo di descrivere i popoli, le tradizioni culturali, le ricostruzioni storiche che offrono motivo di disprezzo, di risentimento, di insofferenza. Chi racconta il punto di vista delle vittime? Quale responsabilità si assumono coloro che raccontano le vicende drammatiche di popoli interi e di persone e famiglie dal punto di vista degli aggressori, dal punto di vista di spettatori lontani, attenti solo ai propri interessi, indifferenti al soffrire, al morire di fratelli e sorelle? ]

Le attività di solidarietà, la pratica della carità, le proposte di animazione possono offrire un significativo contributo educativo. Tutti abbiamo molto da imparare dagli incontri tra le persone coinvolte, vittime, testimoni, dalla conoscenza diretta di situazioni e di culture, dal prodigarsi per soccorrere le vittime della guerra, i poveri, i mutilati, gli orfani, gli sfollati, i migranti.

Le proposte educative offerte dalla Diocesi negli ambiti scolastici, nei diversi contesti di vita, negli ambienti ecclesiali devono convergere per offrire a tutti buone ragioni per pensare la pace, cercare la pace, operare per la pace.

L’impegno illuminato in politica, il dialogo con coloro che sono stati eletti, la formazione di uomini e donne disponibili e capaci per gli impegni politici e amministrativi è un servizio importante che le comunità cristiane possono offrire. I buoni sentimenti, le buone idee, i rapporti corretti devono diventare elaborazioni di progetti, di leggi, di finanziamenti per imprese e opere di pace: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). (cfr. Spes non confundit, n. 8)

Costruiamo la pace

Per educarsi ed educare alla pace:

  1. Educare alla mitezza (=comportamento o atteggiamento ispirato a un senso di paziente e benevola umanità)
  2. Educare al riconoscimento dell’altro (altro = diverso da me) come una ricchezza, non come un fastidio, qualcuno che mi disturba, mi inquieta, mi fa paura ….
  3. Educare ad abitare il conflitto per superarlo attraverso il dialogo (che implica sempre l’ascolto dell’altro mettendosi nei suoi panni) e il cammino della riconciliazione che significa chiedere perdono ed offrire il perdono (cfr. celebrazione penitenziale del 1° ottobre in S. Pietro all’inizio del Sinodo ha detto il Papa: «Noi siamo qui mendicanti della misericordia del Padre, chiedendo perdono. La Chiesa è sempre Chiesa dei poveri in spirito e dei peccatori in ricerca di perdono, e non solo la Chiesa dei giusti e dei santi, anzi dei giusti e dei santi che si riconoscono poveri e peccatori” e ancora il papa: «Di fronte al male e alla sofferenza innocente domandiamo: dove sei Signore? Ma la domanda dobbiamo rivolgerla a noi, e interrogarci sulle responsabilità che abbiamo quando non riusciamo a fermare il male con il bene. Non possiamo pretendere di risolvere i conflitti alimentando violenza che diventa sempre più efferata, riscattarci provocando dolore, salvarci con la morte dell’altro. Come possiamo inseguire una felicità pagata con il prezzo dell’infelicità dei fratelli e delle sorelle?»
  4. Educare all’intercessione, che significa intercedere ossia stare in mezzo tra chi litiga per “disinnescare” la violenza dello scontro
  5. Educare al rispetto dell’altro anche dell’avversario (sul campo di calcio o di basket), abolendo la categoria del “nemico”
  6. Educare, in particolare ragazzi, adolescenti e giovani, all’amicizia sociale e alla fraternità universale (cfr Fratelli tutti, nn. 106-111)
  7. Educare a riconoscere e a smascherare le cause dell’ingiustizia, della disuguaglianza e a denunciare ogni violazione della dignità della persona umana e dei suoi diritti fondamentali ed inalienabili

«Ha detto giustamente qualcuno: “I fiumi di sangue sono sempre preceduti da torrenti di fango”. In tali torrenti abbiamo sguazzato un po’ tutti noi umani, uomini e donne di ogni paese e latitudine: l’immoralità della vita, gli egoismi personali e di gruppo, la corruzione politica, i tradimenti e le infedeltà a livello interpersonale e familiare, il menefreghismo, l’indolenza e lo sciupio delle energie di vita per cose vane, frivole o dannose, l’insensibilità di fronte ai milioni di esseri umani la cui vita è soffocata con l’aborto, il volgere la testa di fronte alle miserie di chi sta vicino o di chi viene da lontano, il commercio della droga. […]
C’è una guerra perché, per tanto tempo, si sono seminate situazioni ingiuste, si è sperata la pace trascurando quelli che Giovanni XXIII chiamava “i quattro pilastri della pace”, cioè verità, giustizia, libertà e carità. Ogni colpa pubblica e privata contro questi quattro pilastri, ogni atto di menzogna, ingiustizia, possesso egoista e dominio sull’altro, pregiudizio e odio, hanno scavato la fossa e l’edificio è crollato sotto i nostri occhi».

C.M. MARTINI, Un grido di intercessione, 29 gennaio 1991


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